È riconosciuto che la responsabilità greca nella formazione e nell’esplosione della crisi in Grecia è stata determinante, dall’occultamento dei dati all’evasione fiscale, dalle transazioni corporativa, politica ed economica alla corruzione, da un settore pubblico distorto e di limitata efficacia a un settore privato poco redditizio e con un modello organizzativo e tecnologico superato ed un modello di sviluppo distorto e senza le necessarie infrastrutture di supporto.
L’odierno acutizzarsi della crisi greca, dopo cinque anni di una politica di rigida austerità “lacrime e sangue” (25% diminuzione del PIL, 27% di disoccupazione generale, 60% quella dei giovani, 37% riduzione dei salari ed il debito al 177,1% ), dipende, oltre che da inefficienze dei governanti greci, dall’evidente fallimento dei responsabili politici ed economici dell’UE. È un loro fallimento, perché non sono stati capaci di risolvere con lungimiranza e previdenza, in modo da favorire la stabilità dell’Eurozona, un problema che riguardava l’1,8% del PIL e il 3 % del debito europei.
Nonostante le diversificazioni e i cedimenti delle autorità greche coinvolte fossero palesi, le autorità europee non sono state in grado di affrontarle, limitando da una parte le loro pretese nei confronti di un Paese distrutto a causa dell’atteggiamento dei Paesi del nord Europa e mettendo dall’altra fuori discussione una promessa, fatta nel 2012, riguardante un processo di riduzione dell’insostenibile debito greco. Questa realtà viene riconosciuta anche da un documento ufficiale del F.M.I.
Nella potenza europea dominante (e non egemonica, perché l’egemonia – secondo Gramsci – presuppone la capacità di riconoscere le ragioni dell’altro) e nei suoi satelliti settentrionali è prevalso il concetto di punizione nei confronti di forze politiche, governi e Paesi che mettono in discussione le vigenti politiche economiche di austerità, che intralciano lo sviluppo, aumentano la disoccupazione, limitano la Democrazia e favoriscono ogni sorta di populismo, razzismo e nazionalismo.
Di fronte a questa situazione di stallo, il governo greco ha scelto il processo democratico - anche se in un periodo di tempo limitato – del Referendum, chiedendo al popolo greco di inviare in Europa un messaggio di speranza per il suo futuro.
Il referendum è stato condotto in un clima generalmente mite, nonostante le illegittime interferenze delle istituzioni europee, e soprattutto del Presidente del Parlamento Europeo, che avrebbe dovuto tenere un atteggiamento neutrale e distaccato, ed altri interventi di carattere partitocratico. Per quanto riguarda gli interventi non democratici del sig. Schulz, essi sono proseguiti anche dopo gli esiti del referendum, che a quanto pare non gli sono graditi .
Il risultato del referendum è chiaro: 61% NO, 39% SÌ, 62% di partecipazione.
Ciò ha creato una nuova situazione, a prescindere dalla chiarezza o no delle domande poste, e conferma, a prescindere da qualsiasi critica, il trionfo dei processi Democratici e della Democrazia, che in questo Paese è nata.
Il risultato, come si e venuto a formare, è un passo importante per mettere in evidenza - e affinché si proceda alla sua realizzazione - il contenuto comune nei quesiti del NO e del SÌ, cioè della volontà del Paese di rimanere in Europa: come scrive anche un importante intellettuale italiano “La Grecia resterà sempre la miglior Patria d’ Europa”.
In questa direzione sono stati avviati i primi passi del governo e dell’opposizione: la riunione dei capi di tutti i partiti politici alla presenza del Presidente della Repubblica, le dimissioni del ministro Varoufakis e quelle del presidente di Nuova Democrazia A. Samaràs.
Ciò viene confermato dalla dichiarazione congiunta dei presidenti dei partiti che hanno preso parte all’incontro col Presidente della Repubblica – eccezione fatta quella del P.C.G. -, si afferma che "Il responso del popolo greco non consiste in un mandato di rottura, ma in un mandato per proseguire e consolidare gli sforzi per raggiungere un accordo socialmente equo ed economicamente sostenibile".
Questi sono i primi segni che fanno sperare che all’interno del Paese la discussione cominci ad indirizzarsi verso l’affrontare i problemi, atteggiamento che può essere oggettivamente di aiuto alle trattative con le istituzioni Europee.
Mentre per il nostro Paese il risultato può essere un passo importante per la sua prospettiva europea, nello stesso tempo questo risultato rappresenta un piccolo impulso per un’ Europa più democratica, con maggiore giustizia sociale e più lavoro, e per una gestione della politica economica più democratica e strutturata.
È impossibile non essere d’accordo con la dichiarazione del Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella: «La Grecia è parte dell’Europa e non deve mancare la solidarietà degli altri popoli dell’ unione al popolo greco”. Questa dichiarazione desideriamo rammentare alle forze politiche democratiche Italiane ed all’amico popolo Italiano.